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“Voglio vincere ma non è un’ossessione.” La sconfitta nelle parole.

Vincere non è un'ossessione. I risultati arrivano sul campo.

“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Il successo è sempre stato nel DNA bianconero. Eppure oggi, è il suo stesso allenatore che sta sconfessando questi principi fondamentali.

Prima della partita di Supercoppa Italiana contro il Milan, Thiago Motta è stato chiaro. La vittoria non deve essere un’ossessione. Non sono i titoli, quelli a cui adesso pensa l’attuale tecnico bianconero.

Non dovrebbe quindi sorprendere il risultato maturato nel match di ieri contro i rossoneri. D’altronde, l’obiettivo dichiarato era quello di giocare meglio dell’avversario, e controllare la gara.

Un obiettivo raggiunto, per i primi 70′ con una Juventus in totale controllo. Tanto che l’allenatore nella conferenza stampa post partita ha ribadito che il Milan ha creato poco e nulla. Senza soffermarsi invece sulle proprie responsabilità, sui propri errori e sulle proprie scelte.

In primis le scelte di formazione, McKennie ancora una volta terzino. Yildiz tenuto fuori, schierato soltanto per l’infortunio di Conceicao. Douglas Luiz ancora una volta in panchina, assieme a Cambiaso.

Formazione a cui sono seguiti dei cambi scellerati, come testimonia la gestione di Mbangula e Vlahovic. Thiago Motta ha ripetuto lo stesso errore commesso a Lille. Togliere il serbo, autore senza dubbio di una prestazione opaca, ha abbassato moltissimo il baricentro bianconero.

Senza un riferimento offensivo, la Juventus ha faticato moltissimo a creare gioco, e il Milan ha ripreso coraggio, trovando la rimonta.

Analizzare la singola partita risulta tuttavia insufficiente per comprendere a pieno quello che è il momento bianconero. Bisogna invece soffermarsi sulle scelte prese ancor prima dell’inizio della stagione, guardando anche alle scelte della dirigenza.

Il mercato bianconero: tanto fumo e poco arrosto?

Si è sempre esaltato fino a questo momento il mercato della Juventus. Tanti gli acquisti eccellenti di Giuntoli. Douglas Luiz, Koopmeiners, Nico Gonzalez. Poche volte però ci si è soffermati sulle uscite della Juventus.

I bianconeri hanno perso Alex Sandro, De Sciglio, Rugani, Rabiot, Szczesny, Chiesa e a questi si aggiunge adesso il capitano, Danilo.

Giocatori come Sandro e De Sciglio certamente non più adatti al livello bianconero, ma che rappresentavano dei leader nello spogliatoio. Come loro Rugani, Rabiot, Szczesny e Chiesa, giocatori che alla Vecchia Signora hanno giocato tanti anni e con essa hanno vinto.

Individualità capaci di trascinare emotivamente un gruppo, la cui presenza è fondamentale soprattutto se si inizia un nuovo ciclo. La Juventus targata Thiago Motta e Giuntoli invece, ha voluto tutto e subito. Via i senatori, figure ingombranti e giocatori “tatticamente anarchici”, spazio totale alla gioventù.

Rispetto quasi nullo per chi ha fatto la storia recente bianconera. Lo testimonia la scelta di mettere alla porta giocatori come Danilo, a soli sei mesi dalla scadenza del contratto.

I bianconeri diventano così una squadra di soldatini. Giocatori totalmente devoti al credo del proprio allenatore, poco inclini a rischiare, fatta eccezione per alcuni, e incapaci per mancanza di esperienza a gestire determinati momenti.

Nel momento in cui mancano i leader in campo, deve essere allora l’allenatore a plasmare il gruppo. Trasmettere alla sua squadra un’idea, la voglia di vincere, l’ossessione per il successo.

“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”

La storia della Juventus parla chiaro. A Torino difficilmente si è mostrata molta pazienza nei confronti di chi non vince, di chi non porta a casa trofei.

Ciò nonostante la stagione in corso sembra smentire quelli che sono i dogmi del credo bianconero. Dogmi smentiti dal tecnico stesso. Thiago Motta ha ammesso di non essere ossessionato dalla vittoria. Dichiarazioni pesanti, soprattutto per quello che è il momento recente dei bianconeri.

Il risultato è quanto accaduto ieri in campo. Una squadra che non mantiene il vantaggio. Incapace di vincere contro un Milan poco brillante, e con assenze pensati.

La Juventus sembra essere regredita. A inizio campionato si intravedeva un’idea chiara, a cui corrispondeva un determinato piano gara. Oggi tutto questo sembra essere smarrito. Sostituito da tanta confusione, e partite mai chiuse, riacciuffate spesso grazie ad una fiammata individuale.

L’allenatore forse dovrebbe iniziare a mettere in discussione le proprie idee, prima che sia troppo tardi, prima di compromettere ulteriormente una stagione e l’ennesimo anno 0 di un nuovo progetto tecnico.

Se è vero che bisogna dare tempo e fiducia, alla dirigenza al tecnico e all’organico, è vero anche che senza risultati è tutto più complicato.

Il passato insegna. Ci sono allenatori che vincono e allenatori che non vincono mai. E a vincere, sono sempre i più bravi, coloro che scrivono la storia. Gli altri invece, possono solo leggerla.

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