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Ranieri: “Io prima tifoso che allenatore”: valori di un altro calcio

Ranieri, storia di un altro calcio.

Nella sua prima conferenza stampa da allenatore della Roma, Claudio Ranieri ci ha tenuto a ribadire alcuni concetti.

Il calcio, come tutte le cose, è sempre incline ai cambiamenti ed è chiaro che, spesso, queste mutazioni abbiano apportato delle migliorie al nostro sport, se è vero che si sono risolti molti problemi da quando alcuni suoi aspetti hanno subito una variazione.

D’altro canto, però, è impossibile negare, soprattutto per chi quegli anni li ha vissuti, come molti dei valori risalenti ai decenni passati, specialmente i Settanta e gli Ottanta, siano letteralmente tramontati, causando al “pallone” gravi perdite a livello di emozioni e romanticismo.

Oggi è difficile, infatti, per un tifoso, riconoscersi in una famigerata “bandiera” della propria squadra, se è vero che i calciatori tendono ad assomigliare sempre di più a dei mercenari manzoniani, intenti più a seguire il “soldo” e la fama piuttosto che l’affetto per una determinata maglia.

Ciò che Claudio Ranieri ha fatto ieri, dunque, nel suo piccolo, ha rappresentato qualcosa di unico nell’attuale mondo del pallone, dove ormai è difficilissimo trovare un mister che, a settantatré anni e dopo aver annunciato pubblicamente il suo ritiro, scelga, solo per amore della maglia con cui è nato e cresciuto, di tornare a rimettersi in gioco.

Sì, avete capito bene, tornare a rimettersi in gioco.

Sor” Claudio, infatti, non ha alcuna intenzione di trasformare i mesi che lo separano dalla scadenza del suo mandato da tecnico della Roma in un americanissimo “farewell tour”, tutt’altro.

Ranieri è concentrato sul presente, visto che, come lui stesso ha detto, non può accettare di vedere la Lupa in una posizione così mediocre e, di fronte a questo, ogni progetto e visione futura deve aspettare: conta fare il meglio possibile ora, aldilà di ogni difficoltà.

Cosa ha detto Ranieri

Prima dell’inizio della conferenza stampa, erano in molti coloro che si figuravano già un Ranieri stanco, meno aggressivo del solito, più quieto e pacato nelle risposte, consapevole di trovarsi all’ultimo “traghettamento” della carriera.

Chiunque si aspettasse questo tipo di atteggiamento da parte del testaccino, alla luce di ciò che il settantatreenne ha detto, evidentemente si è sbagliato di grosso.

Che Claudio fosse quello di sempre lo si è capito fin dall’esordio dell’intervista, quando, prima di dare la parola ai giornalisti, il mister ha voluto precisare come sia tornato solo per il bene della Roma, la quale, insieme all’ambiente di Cagliari, che ha ringraziato, rappresenta la sua casa.

Fatta questa doverosa premessa, Ranieri ha spaziato, grazie anche alle molteplici domande dei propri intervistatori, su ogni argomento riguardante la difficile situazione attuale della Roma, proprietà compresa.

A differenza delle aspettative, infatti, il tecnico ci ha tenuto a precisare come, in sede di colloquio con i Friedkin, non si sia astenuto da far notare loro alcuni errori commessi lungo la strada, dichiarando la sua assoluta volontà di non seguire le imposizioni delle clausole dei calciatori nello schierarli.

Un vero e proprio statement, che, come ha spiegato ironicamente Claudio, i proprietari americani non solo hanno accettato, ma hanno abbracciato in pieno, dicendosi volenterosi di riportare la Roma dove, secondo la loro visione, merita.

Ranieri, poi, non ha lesinato informazioni anche riguardo ad un altro tema molto caldo, quale l’estromissione dal campo di Mats Hummels nei primi due mesi della sua esperienza giallorossa, durante i quali il teutonico è sceso in campo per una sola ventina di minuti.

Il nuovo allenatore romanista ha spiegato come non avrà tentennamenti nel dare un’opportunità al centrale tedesco, il quale, a suo parere, è ancora fra i migliori d’Europa.

“Vi prego, non fischiateci”

Lucido, scattante e sferzante: così si potrebbe descrivere il Claudio Ranieri visto ieri dietro il bancone della sala stampa, dove, prendendo spesso la parola al posto del timido Ghisolfi, ha entusiasmato tutto l’ambiente giallorosso più di quanto la squadra stessa sia riuscita a fare in tre mesi di partite.

Il “culmen” di tutta la conferenza stampa, però, si è raggiunto quando Ranieri, ammettendo come sia prima di tutto un tifoso più che un allenatore, si è rivolto direttamente a tutto il popolo romanista, il quale, ieri pomeriggio, era tutto sintonizzato per ricavare da lui parole di speranze in vista del futuro.

Si può dire, a qualche ora dall’intervento di Claudio, che le sue frasi non abbiano portato solo la dote che è l’ultima a morire, ma anche una rinnovata voglia di combattere, di stringersi vicino alla squadra, la quale, citando direttamente il testaccino, “non deve essere fischiata, in quanto non c’è cosa peggiore quando si gioca in casa”.

E’ col cuore in mano e anche, probabilmente, con l’arteria del collo ingrossata sotto il colletto della camicia che Claudio, dall’alto dei suoi settantatré anni (che ieri sembravano molti di meno), si è rivolto alla sua gente, a quella per cui lui ha combattuto ogni volta ve ne sia stato il bisogno.

Lo ha detto lui stesso: “Non sono qui per soldi, ma solamente per il bene della Roma”.

Francamente, trovo difficile non credergli.

Mai sola mai

Si potrebbero attribuire tanti significati, usando anche metafore abbastanza alte, a quello a cui abbiamo potuto assistere ieri pomeriggio, ma, probabilmente, rischierebbero tutti di ritrovarsi ad essere abbastanza fuori luogo.

La verità, ciò che emerge realmente da quello che Ranieri ha detto, è semplicemente l’esaltazione di alcuni valori che, attualmente, nel mondo del calcio non esistono più.

Una fede così cieca, un amore così morboso, legato alle viscere più profonde di un uomo, è un qualcosa che, aldilà della propria fede d’appartenenza, non può non emozionare i veri appassionati di pallone.

L’aspetto più bello e toccante, però, tende ad esulare dalla Roma e dalla passione che Ranieri nutre verso di lei, riferendosi esso più al Claudio uomo più che al Claudio tifoso e allenatore.

A mio parere, infatti, vedere un settantatreenne, il quale ha avuto già tanto dalla vita, non arrendersi all’età che avanza, all’inesorabile tempo che non arresta la sua lenta marcia, continuando a combattere strenuamente senza cercare scorciatoie, è un qualcosa di bellissimo e assolutamente rivoluzionario nel mondo di oggi.

La tenacia di Ranieri, la sua voglia di aggredire la vita, continuando ad affrontarla con lo stesso atteggiamento educato ma risoluto di sempre, dovrebbe essere messa alla base di ogni società civile, di ogni organismo che ha l’ambizione di educare le generazioni future.

Un antico romano come Cicerone, a cui il “mos maiorum” stava molto a cuore, lo avrebbe sicuramente eretto a simbolo dei principali valori della Repubblica, a suo strenuo difensore.

A Sor Claudio, però, probabilmente non interessa molto.

A lui basta essere la guida della Roma, la quale non deve essere lasciata sola mai.

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