Storia di Thiago Motta in Serie A da allenatore. Ecco la chiave delle sue idee squadra per squadra, dal Genoa alla Juve.
Thiago Motta al Genoa: la chiave è il gioco
Thiago Motta diventa allenatore del grifone nel mese di ottobre del 2019.
L’italobrasiliano viene chiamato per sostituire Andreazzoli, che aveva ottenuto solo cinque punti in otto partite.
Fino ad allora Motta aveva allenato solo l’U19 del PSG, e il presidente Preziosi pensò di fare una convocazione a sorpresa, affidandosi a una vecchia conoscenza quale Thiago Motta.
L’ex Inter arrivò a Genova con le idee ben chiare fin da subito.
“Per giocare bene non contano 11 fenomeni, conta l’idea di calcio e la capacità che hai di trasmetterla. Se ci riesci, anche chi non è un top player può essere partecipe di un grande spettacolo. Ho visto squadre piccole giocare un grande calcio”.
Dunque l’allenatore affronta la sua prima vera esperienza importante senza paura, convinto di poter fare bene anche senza avere a disposizione particolari campioni.
Infatti l’intenzione non era quella di affidarsi ai singoli, ma al gioco. Motta fin da subito ha espresso il suo concetto chiave.
“La mia squadra deve essere offensiva, corta, imporre il gioco, pressare alto, muoversi sempre insieme con e senza palla, con i giocatori che abbiano sempre il compagno vicino e 4-5 alternative per la giocata“.
E in effetti riuscì nell’intento. Quel Genoa comandava spesso il gioco e teneva tantissimo il possesso del pallone. Il problema però fu che la squadra non riuscì a essere concreta in fase realizzativa, segnando molto poco.
In nove partite i rossoblu ottengono solo sei punti, e così, dopo soli 66 giorni in panchina, Preziosi esonera l’allenatore.
I concetti di calcio portati al Genoa da Motta erano però solo all’inizio del loro sviluppo.
Esperienza allo Spezia: La chiave è a centrocampo
L’otto luglio 2021 Motta viene nominato nuovo allenatore dello Spezia. L’italobrasiliano raccoglieva l’eredità di Italiano, che aveva portato gli aquilotti ad una salvezza insperata al loro primo anno in massima serie.
Il nuovo allenatore si inserisce in un contesto difficile. La FIFA aveva imposto un blocco di mercato, e giocatori importanti come Saponara e Pobega lasciarono il club.
La stagione inoltre non inizia nel migliore dei modi e alla partita a ridosso del Natale, Napoli-Spazia, Motta ci arriva come ormai partente, con Maran pronto a subentrargli.
Lo Spezia però uscì vincitore da quella partita e diede vita a un filotto di vittorie che gli valse la nomina a miglior allenatore del mese a gennaio.
Lo Spezia di Motta vedeva scendere in campo un 4-3-3 composto da:
Provedel; Amian, Erlic, Nikolau, Reca; Maggiore, Kiwior, Bastoni; Verde, Manaj, Gyasi.
Certamente non una rosa di primo livello, ma forte dell’esperienza genoana Il lavoro di Motta porta ad un buon compromesso tra idea tattica e affidamento sui giocatori.
Per il successo che porterà lo Spezia alla seconda salvezza infatti complici tattica e un reparto in particolare.
Tutte le fasi di gioco passano per i piedi di Kiwior, Maggiore e Bastoni.
Il primo, difensore trasformato in mediano da Motta stesso, era il responsabile dell’equilibrio tra le parti. In fase di possesso era la prima scelta di Provedel per iniziare a muovere in avanti il pallone. E in fase di non possesso i movimenti di Kiwior erano fondamentali per andare a creare un pressing alto in una linea a 4 o addirittura 5.
Le mezzali Maggiore e Bastoni invece davano grande dinamismo a tutta la squadra con il loro dinamismo e inserimenti che portavano via avversari.
Grazie quindi alla sostanza di molti giocatori nel suo team, la chiave tattica sta nella duttilità. Per tutta la stagione i ruoli non fissi e cambi di posizione rendono lo Spezia la squadra capace di sgambettare Napoli e Milan e di salvarsi a fine stagione.
Nonostante questo successo però, allenatore e dirigenza trovarono un accordo per la risoluzione del contratto.
Tratto distintivo del Bologna: le catene laterali
Il 12 settembre 2022 Motta viene chiamato per subentrare a Sinisa Mihajlovic, che ottenne sei punti in altrettante partite.
Dopo un inizio un po’ a rilento il Bologna ingrana e a fine stagione si ritrova nono con 54 punti.
La buona stagione appena disputata vale la conferma in panchina, e l’annata 23/24 rappresenta la svolta sia per l’allenatore che per il club bolognese.
Anche a Bologna Motta conferma i suoi principi calcistici che danno priorità al gioco piuttosto che l’affidamento esclusivo ai giocatori.
Cosi come allo Spezia, anche al Bologna è stato capace di adattare i suoi schemi in base alle qualità dei giocatori, senza per questo rinunciare a forgiarne qualcuno.
Se con lo Spezia la chiave del gioco stava a centrocampo, al Bologna non viene riproposto forzatamente questo principio. Il Bologna di Motta infatti di distingue per il lavoro sulle fasce laterali.
E’ proprio sulle fasce che il Bologna sviluppa la maggior parte delle sue azioni, facendo partecipare non solo terzino, mezzala e ala, ma anche attaccante.
Zirkzee infatti è un primo protagonista del Bologna di Motta. All’olandese piace allargarsi e avvicinarsi ai compagni per ricevere palla.
Questo movimento permette di agglomerare gli uomini in una specifica area del campo, le fasce appunto, e questo consente non solo una trasmissione di palla protetta, ma anche una rapida attuazione di gegenpressing in caso di perdita del possesso.
Portare palla sulle fasce era si un tipo di gioco spregiudicato, ma la fascia è anche la zona migliore dove perdere palla, perché le ripartenze avversarie sono meno dirette.
E’ sulle fasce dunque che si sviluppa il grosso delle azioni dei felsinei. Ma lo scopo non era andare a crossare.
Anzi, quella del cross era la strada meno cercata in assoluto per via della sua poca efficacia e poteva portare problemi in transizione difensiva.
Per il Bologna lo sviluppo del gioco offensivo sulle fasce consisteva nella sinergia tra centrocampo e difesa. Molto importante quindi era il lavoro di sostanza dei centrocampisti, ma ancor più decisivo era quello di Calafiori.
Il giovane italiano non era solo complice con Beukema e Lukumi di una fase difensiva rocciosa, ma era anche l’uomo delle scorribande. Era lui a portare molto spesso la palla in avanti, rendendosi molto partecipe alla fase offensiva.
Anche nel Bologna dunque vincono gioco e idee, certo favoriti dalla qualità dei giocatori, ma il principio è proprio adottare gli schemi giusti in base ai giocatori.
Una fluidità di gioco che si adatta di volta in volta e non un’unica idea inviolabile da imporre per forza.
La Juve di Motta: la forza delle idee
Il 12 giugno 2024 Thiago Motta diventa allenatore della Juventus.
La disponibilità del club consente all’allenatore di fare nomi specifici per il mercato il lavoro di Giuntoli soddisfa ogni richiesta del nuovo allenatore.
Questo non significa avere intrapreso un cambio di rotta coi propri principi.
Anzi, per certi versi Motta sembra anche più ferreo sui suoi schemi. Anche alla Juve sta facendo un grande lavoro per non dipendere da pochi singoli e far risaltare il gioco.
In virtù di questo i bianconeri hanno recentemente patito la poca offensività espressa segnando zero gol, ma subendone altrettanti.
Chiaramente la Juve di Motta è ancora agli inizi, ed è solo questione di tempo prima che i concetti vengano assorbiti dai giocatori.
Nel frattempo si può ben notare il grande lavoro che l’allenatore si è portato da Bologna.
Queste prime partite infatti parlano di una Juve che lavora molto sulle fasce. I cambi di fronte sono sventi, e gli inserimenti dei laterali di difesa hanno portato in sei partite a due gol, uno di Cambiaso e uno di Savona.
Grande spazio di manovra dunque viene dato anche ai giovani, che aggiungono a una squadra di campioni quella verve fisica e fame tali da renderla non solo maggiormente competitiva, ma anche con più alternative numeriche e tattiche.
Il cammino è ancora lungo per poter esprimere giudizi certi e finali, ma le premesse di una stagione di livello ci sono tutte, e questa Juve, quella di Motta, può dare molto alla Serie A.