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Italia, luci e ombre: cosa ci lascia la gara contro la Germania

Uscita sconfitta nella gara di ieri sera, l’Italia di Spalletti ha comunque fornito alcuni segnali positivi, al netto di altri, invece, negativi.

C’era un tempo in cui Italia – Germania, oltreché di una sofferenza indicibile, era sinonimo di grandi vittorie, sempre ricordate con enorme entusiasmo ed emozione.

Da ormai tredici anni, invece, dall’ultimo bel successo ad Euro 2012 della nostra nazionale contro i teutonici, nelle competizioni ufficiali non siamo più riusciti a superare i nostri rivali di sempre in alcun modo.

Ieri sera, a voler essere onesti, la musica sembrava essere inizialmente molto diversa rispetto alle recenti sconfitte, con l’Italia che, in maniera coraggiosa e combattiva, stava conducendo con merito sulla Mannschafft, rimasta sorpresa dall’undici di Spalletti.

Quest’ultimo, in compagnia dell’inedita barba con cui si è presentato ieri a San Siro, sembrava aver preparato la gara al meglio, concedendo ai tedeschi il controllo del possesso palla, rendendolo fine a se stesso e statico con l’ottimo lavoro dei suoi giocatori in fase difensiva.

In attacco, poi, l’Italia era riuscita almeno in un paio di occasioni a rendersi pericolosa, arrivando all’intervallo felice di aver chiuso meritatamente la prima frazione in vantaggio, senza nemmeno lasciare troppo ai più blasonati e fisici teutonici.

Nagelsmann, però, aveva, evidentemente, qualcosa in serbo per noi.

La chiave della sconfitta

Osservando le partite disputate dall’Italia di Spalletti dopo la magra figura continentale di quest’estate, è possibile osservare come, al netto di un evidente miglioramento generale, certe piaghe abbiano continuato a persistere nell’ecosistema della Nazionale.

È impossibile, difatti, non accorgersi di tutta la sofferenza che gli Azzurri si trovano a dover provare durante ogni calcio d’angolo o calcio piazzato, quando la palla viene buttata al centro dell’area di rigore, indirizzata, magari ad una delle torri degli avversari.

Non è un caso, dunque, che Nagelsmann abbia deciso di puntare, nella seconda frazione, sull’altissimo Kleindienst, affidandosi alle sue doti fisiche e al suo rinomato colpo di testa, rivelatosi molto utile anche in Bundesliga con il ‘Gladbach.

Proprio su una sua zuccata, tre minuti dopo essere entrato, l’attaccante, lasciato impunemente libero da Bastoni e Di Lorenzo, ha trafitto Donnarumma, rimettendo in equilibrio la sfida, prima che un altra spizzata di Goretzka, questa volta da calcio d’angolo, non rivoluzionasse definitivamente la gara.

L’Italia di Spalletti, in quel momento, tradita da due dei suoi nuovi leader difensivi, ha un po’ accusato il colpo e, forse, è proprio questo il secondo difetto rintracciabile nella prestazione azzurra di ieri sera.

Ciò è una diretta conseguenza della scarsa conoscenza reciproca che alberga fra i giocatori e lo staff della Nazionale, la quale ha appena intrapreso un percorso di ricostruzione per cui sono necessarie delle tempistiche adeguate.

In ogni caso, progetto a lungo termine o meno, Luciano dovrà sicuramente lavorare su questi aspetti nelle prossime occasioni in cui avrà modo di farlo.

I pregi dell’Italia

Osservare la gara di ieri e dover per forza criticare quanto messo in mostra dall’Italia, a mio parere, considerato il recente passato, è assolutamente sbagliato.

Solo pochi mesi fa, infatti, gridavamo tutti insieme al disastro, all’ennesima apocalisse, manifestatasi con l’orrida prestazione di Berlino contro la Svizzera, costataci l’eliminazione dagli Europei tedeschi.

L’Italia di oggi, sebbene ne sia ancora evidente l’inferiorità tecnica e fisica rispetto alle selezioni più blasonate, lascia con il sorriso in bocca, se è vero che, al netto degli errori già citati nel precedente paragrafo, a San Siro ha dato prova di aver intrapreso un percorso giusto.

Quest’ultimo, come è corretto e naturale che sia, si fonda sicuramente sull’inserimento di nuovi calciatori, come i Kean o i Rovella di ieri sera, ma anche e soprattutto sull’assoluta riconferma di altri, quali gli inamovibili Donnarumma, Barella e Tonali, dimostratisi ancora una volta delle vere e proprie colonne.

A livello tattico, poi, la squadra di Spalletti comincia finalmente ad avere una sua identità, fondata sull’uso della difesa a tre e su una filosofia di stampo offensivo, che preferisce il fraseggio, ma che, con umiltà, non disdegna la tanto vituperata palla lunga, grazie a cui, se fossimo stati un po’ più cinici, forse avremmo potuto fare più male ai tedeschi.

L’atteggiamento, infine, è di gran lunga molto migliore rispetto a quello ammirato nelle gare di Giugno, quando i calciatori apparvero disorientati e poco combattivi.

La situazione ora è ben diversa e, se vuole passare il turno, la Germania dovrà stare molto attenta al rinnovato spirito degli Azzurri.

Lo sappiamo bene, d’altronde: noi italiani diamo il meglio quando abbiamo le spalle al muro.

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