E se facessimo un confronto tra l’Inter leggendaria del 2010 e quella del 2023? Scopriamo insieme le caratteristiche di entrambe.
I titolari messi a confronto
Inter Finale di Champions 2010 (4-2-3-1): Julio Cesar, Maicon, Lucio, Samuel, Chivu, J. Zanetti, Cambiasso, Pandev, Sneijder, Eto’o, Milito.
Inter Finale di Champions 2023 (3-5-2): Onana, Darmian, Acerbi, Bastoni, Dumfries, Barella, Brozovic, Calhanoglu, Dimarco, Dzeko, L. Martinez.
Caratteristiche tecniche della squadra del 2010
L’Inter del triplete era caratterizzata da un gioco difensivo particolarmente solido e da transizioni rapide.
La presenza di Sneijder in qualità di trequartista, un po’ il “faro creativo” della squadra, permetteva un’ottima gestione del possesso palla e creava opportunità per gli attaccanti.
La velocità di Eto’o, utile sia in fase offensiva che difensiva, e l’abilità realizzativa del bomber Milito, erano letali per qualunque squadra incontrasse la formazione lombarda.
La solidità difensiva sopracitata era garantita soprattutto dai due centrali, Lucio e Samuel, i quali riuscivano perfettamente nella lettura efficace delle situazioni di gioco.
E poi come potersi dimenticare di Javier Zanetti, il quale rappresentava il simbolo della leadership e della dedizione in quella squadra.
Inoltre, possiamo dire che in quella rosa ogni giocatore sapeva esattamente quale fosse il proprio ruolo e contribuiva al collettivo con grande intelligenza tattica, portando spesso e volentieri alla vittoria i nerazzurri.
Caratteristiche tecniche della squadra del 2023
Dovendo fare un confronto, mentre abbiamo lodato l’efficacia difensiva del 2010, l’Inter del 2023 invece, si è distinta per un approccio più offensivo e una maggiore versatilità.
L’idea di gioco di Inzaghi si è basata su una costruzione dal basso e un pressing alto, ma la mancanza di incisività nei momenti decisivi ha pesato eccome (come nella finale contro il Manchester City).
Nell’Inter del 2023, Lautaro Martinez si è affermato come leader offensivo, dimostrando grande capacità realizzativa e visione di gioco. A voi decidere se quest’ultimo regge il paragone in termini di qualità e leadership con il connazionale Zanetti.
Lì in mezzo invece, Barella è diventato uno dei centrocampisti più completi d’Europa, grazie alla sua abilità nel recupero palla e nell’inserirsi in attacco, diventando parte integrante e fondamentale della fase offensiva interista.
Tuttavia, come accennato precedentemente, rispetto al passato la squadra ha mostrato una certa fragilità nei momenti critici.
Forse, si è sentita la mancanza di un vero “cervello” della squadra come Sneijder, carenza che ha reso quindi difficile nello specifico mantenere il controllo nelle fasi decisive delle partite, tanto che l’Inter di quell’anno ha sì conquistato una finale di Champions League, ma allo stesso tempo ha raggiunto “solo” il terzo posto in campionato, complice anche un Napoli straripante.
Le panchine a confronto
Per quanto riguarda il 2010, Mourinho era noto per la sua capacità di motivare i giocatori e per la sua astuzia tattica.
La sua panchina era composta da giocatori in grado di cambiare le sorti della partita con la loro qualità individuale.
Stankovic e Pandev per esempio, erano pronti ad entrare in campo per dare freschezza e creatività.
Inoltre, Mourinho sapeva quando fare cambi strategici che avrebbero potuto ribaltare l’inerzia della partita.
D’altro canto, Inzaghi ha dimostrato una certa flessibilità nel suo approccio alle partite, spesso affrontando critiche per alcune scelte discutibili nei cambi e per la gestione in corso d’opera di alcune partite.
La panchina aveva molto potenziale, ma in molte occasioni non è riuscita a fornire l’impatto necessario nei momenti decisivi.
Il confronto tra l’Inter del triplete e quella della finale di Champions mette in evidenza non solo l’evoluzione tattica della squadra nell’arco di più di dieci anni, ma anche le differenze nella gestione delle partite cruciali.
Mentre la squadra del 2010 era caratterizzata da un mix perfetto di solidità difensiva e incisività offensiva, quella del 2023 ha mostrato segnali promettenti, ma ha dovuto fare i conti con una maggiore pressione e aspettative.
Una cosa è certa, entrambi i gruppi hanno lasciato un segno indelebile nella storia del club nerazzurro. Tuttavia, è evidente che l’Inter del triplete rappresenta un modello ideale, per qualità individuale e coesione collettiva, il quale forse, non verrà eguagliato ancora per un bel po’.