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Champions 24-25, due partecipanti, stessa proprietà: cosa succede

La UEFA ha sciolto il dubbio riguardante l’accesso alla Champions di due club aventi la stessa proprietà.

“Quando cambia tutto, non cambia niente” avrebbe detto un mio compaesano osservando la strana situazione che ha coinvolto le due squadre di Manchester, il Girona e il Nizza.

Il mio amico mi ha rivolto questa frase quando, qualche settimana fa, nella nostra città un partito di destra ha trionfato dopo ottant’anni, praticamente dalla nascita della Repubblica stessa.

Analizzando con sguardo sornione i risultati del voto, mi ha osservato e mi ha fatto capire come, nella maniera più sarcasticamente rassegnata, essendo lui di sinistra, nulla sarebbe realmente cambiato.

Di conseguenza, questa notizia assomiglia a quella delle elezioni amministrative della mia città, del tanto agognato “ribaltone” che nella realtà dei fatti non muta nulla della vita cittadina.

Allo stesso modo, infatti, la decisione dell’UEFA riguardo all’ammissione delle squadre sopracitate in Champions sembra essere un’autentico strappo alla regola, un divieto imposto alle proprietà ultramiliardarie che governano il nostro sport, ma, nella realtà dei fatti, è semplicemente l’ennesima prova di come sceicchi e petrolieri siano riusciti ad acquistare il calcio.

Ammissioni in Champions, la decisione

L’UEFA, nella giornata odierna, ha comunicato, tramite i suoi canali ufficiali, che sia il Manchester City che il Girona, entrambi appartenenti alla stessa proprietà, potranno disputare la prossima Champions League.

Allo stesso modo, anche lo United e il Nizza, accomunati dalla stessa dirigenza, hanno ottenuto il biglietto di invito all’Europa League 24-25, che, come la Coppa dei Campioni, cambierà formato, diventando un torneo a 36 squadre a girone unico.

Il massimo organo governativo calcistico europeo, infatti, ha decretato che ciò sarà possibile grazie alle “blind society”, ossia delle aziende esterne al gruppo economico proprietario dei club a cui verrà affidato il comando delle singole squadre per una stagione, fino al 1° Luglio 2025.

In questo modo, le blind society gestiranno, con ogni probabilità, il Nizza e il Girona, permettendo rispettivamente alle Trawlers Limited e la società di Al-Mubarak di mantenere il controllo dei due club di Manchester, senza generare alcun conflitto di interesse.

In questa stagione sportiva, inoltre, non sarà permesso alle società di proprietà dello stesso presidente di scambiarsi i giocatori, almeno fino a Luglio, quando le varie proprietà torneranno a possedere in toto la squadra spagnola e quella francese.

La vittoria delle proprietà asiatiche e americane

La decisione della UEFA di oggi è l’ennesima prova che le proprietà ultramiliardarie asiatiche ed americane sono riuscite a conquistare, o meglio a comprare, il calcio, lo sport che da quasi due secoli fa vibrare tutta l’Europa.

Se si osserva con attenzione, infatti, è possibile vedere come questi personaggi, i quali vedono il calcio come una semplice opportunità di guadagno, si siano insediati alla guida di tutti i maggiori club europei, soprattutto nella parte settentrionale del continente.

La Premier League, in particolare, da sempre autodefinitasi “il nido del calcio“, è diventata un vero e proprio terreno di conquista per le aziende arabe, cinesi e statunitensi, che, intravedendo enormi potenzialità di guadagno, hanno cominciato ad invaderla in massa.

Non c’è da stupirsi, quindi, che il campionato inglese sia il più ricco e spettacolare del mondo, considerando che i club sono finanziati da cordate economiche dal budget praticamente illimitato, intenzionate ad investire senza grandi problemi.

Come dimostra questo particolare caso, però, molti imprenditori non si sono limitati all’acquisto di singole squadre, ma si stanno espandendo in tutto il Vecchio Continente.

Di conseguenza, il provvedimento attuale crea un enorme precedente, visto che, d’ora in poi, situazioni del genere saranno gestibili con una scappatoia semplice e banale come quella organizzata dalla UEFA per ovviare alla multiproprietà.

Un vero e proprio armistizio da parte del maggiore ente governativo calcistico del continente, che, di fatto, ha chinato il capo di fronte alla potenza economica di personaggi che con il mondo del pallone, fino a poco tempo fa, centravano poco o niente.

Insomma, quello che dice Pierluigi Spagnolo nel suo libro è proprio vero: il calcio di una volta, fatto di presidenti-tifosi, di giocatori-bandiera e libero dai vincoli economici, non esiste più.

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