Dopo un filotto di vittorie entusiasmante, il Bologna di Vincenzo Italiano ha subito una brutta fermata d’arresto.
Tra campionato e Coppa Italia, il “poetico”, per citare una delle canzoni più gettonate al Dall’Ara, Bologna di Vincenzo Italiano non perdeva ormai dalla fine di Febbraio, quando, sulla via Emilia, vede fermarsi il proprio percorso dalla banda ducale di Bernabé e compagni.
Quasi due mesi al limite della perfezione, dunque, per i felsinei, che, lentamente, hanno risalito la classifica nella sua parte alta, complice anche il calo di alcune squadre che inizialmente li precedevano.
Ciò, ovviamente, nulla toglie allo straordinario percorso che i ragazzi dell’ex tecnico della Fiorentina hanno compiuto, crescendo sia a livello tecnico che a livello mentale, non più in balia delle difficoltà tattiche di inizio campionato, quando gli schemi del nuovo allenatore non risultavano ancora di facile comprensione.
Il Bologna è cresciuto tanto, traendo degli insegnamenti anche dalla breve esperienza in Champions League, che, al netto delle tante sconfitte e dell’unica vittoria contro il Borussia, ha comunque rappresentato un banco di prova importante, in cui confrontarsi con avversari di maggior livello.
Per molti calciatori questa era la prima esperienza europea e, di conseguenza, era impensabile che i rossoblù facessero la voce grossa in Europa in questa stagione, così come in Serie A, dove molti li davano per spacciati dopo l’addio di Thiago.
Ad oggi, invece, i felsinei sono a due punti dal quarto posto, sebbene, fino ad una giornata fa, fossero loro a sovrastare la Juventus: la sconfitta di Bergamo, infatti, è costata ai ragazzi di Italiano la posizione, che, ora, sarà molto complicata da riconquistare.
“Erano cheldi e incazzeti”
Diceva così, nel famosissimo “L’allenatore del pallone”, il leggendario Oronzo Canà rispondendo alle domande di un antipatico cronista, il quale, dopo una tremenda sconfitta della Longobarda contro la Roma di Liedholm, gli chiedeva quale fosse stato il problema della sua squadra.
Secondo il mitico personaggio interpretato dall’altrettanto memorabile Lino Banfi, la ragione della sconfitta, spiegata con il suo dialetto fieramente pugliese, risiedeva nel fatto che, a suo dire, gli avversari erano entrati in campo molto più concentrati e pronti rispetto ai suoi giocatori.
Avrebbe potuto dire lo stesso, magari nel suo dialetto di competenza, quello siciliano, Vincenzo Italiano dopo la gara di domenica al Gewiss Stadium, nella quale, nei primi venti/trenta minuti, l’Atalanta ha imposto a piacimento il suo ritmo infernale al Bologna, incapace di trovare una soluzione adeguata.
Non è un caso, quindi, che le due reti orobiche, insieme ad altre occasioni nerazzurre, siano arrivate proprio nella primissima parte della frazione iniziale di gara, quando il pressing rossoblù era puntualmente eluso dalla bravura nel palleggio degli atalantini, abili, poi, a mettere in moto i propri esterni.
Bellanova, in particolare, per molti minuti è sembrato quasi essere la reincarnazione di Roberto Carlos, dando prova di una gamba invidiabile, mai contrastata da quella dello spagnolo Miranda, più bravo, a dire il vero, ad attaccare che a difendere.
Un assalto all’arma bianca, dunque, da parte degli uomini di Gasp, i quali, nonostante una reazione bolognese nel secondo tempo, sono riusciti a portare a casa i preziosissimi tre punti, utili a riprendersi il terzo posto, ceduto per una notte alla rigenerata Juventus di Tudor.
Al Bologna, quindi, dopo una sconfitta del genere, non può che restare l’analizzare i propri errori, nella speranza di non ripeterli nelle prossime decisive sei gare.
Gli errori del Bologna
Alla luce di quanto affermato nel paragrafo precedente, il primo errore commesso dai rossoblù da evidenziare non può che essere l’approccio troppo leggero e molle, incapace di contrastare quello molto più vigoroso dell’Atalanta.
Aldilà di questo, però, ci sono anche delle altre ragioni dietro alla sconfitta di domenica, rintracciabili in aspetti tattici e tecnici, primo fra questi la fastidiosa insistenza della difesa rossoblù, soprattutto nel primo tempo, nel cercare continuamento il lancio lungo in diagonale per Orsolini, il quale, al netto delle ultime fantastiche gare, a Bergamo non era proprio in palla.
E’ stato un grosso sbaglio, dunque, continuare imperterriti a tentare questa giocata, probabilmente studiata e attentamente preparata dalla difesa orobica, che, anche dopo l’infortunio di Kolasinac, deputato a difendere in quella zona di campo, non ha troppo sofferto questo schema felsineo.
Oltre a ciò, poi, è impossibile non sottolineare come l’altezza della linea difensiva del Bologna non abbia causato dei danni ai giocatori di Vincenzo Italiano, i quali sono stati bucati molto spesso dai precisi filtranti dei centrocampisti atalantini, bravi a servire alle loro spalle gli esterni.
E’ assolutamente vero che questo coraggio nel pressing si è dimostrato una delle caratteristiche migliori della squadra del tecnico siciliano, ma, in una situazione del genere, forse sarebbe stato meglio tenere un blocco più basso per evitare le ripartenze nerazzurre.
Sono questi, dunque, i principali sbagli commessi dalla banda di Ndoye, risultato il migliore dei suoi, nella gara di questo fine settimana, la quale, sperano a Bologna, possa aver rappresentato l’ultimo passo falso del campionato, alla luce di una classifica che non aspetta nessuno.
Se i rossoblù vogliono centrare la Champions per il secondo anno consecutivo, non possono più sbagliare.
Foto: facebook Bologna FC.