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Bernabé, la fantasia al potere: quando il fisico non conta

Bernabé, l'eleganza al potere.

Il protagonista del primo appuntamento della nuova rubrica “Gimme a man after midnight” è Adrian Bernabé, giovane centrocampista ducale.

“Dammi un uomo dopo la mezzanotte, qualcuno che mi accompagni nel buio fino allo spuntare del giorno” cantavano gli ABBA nei lontanissimi e altrettanto patinati anni Settanta, quelli in cui, in un mondo che esplodeva, le persone avevano bisogno di qualcosa che, appunto, evitasse loro di pensare ai problemi quotidiani.

La voce squillante delle due cantanti svedesi, il ritmo frenetico e affascinante, la leggerezza che, nonostante tutto, quei quattro ragazzi trasmettevano erano molto contagiose e, in un certo senso, necessarie a chi le ascoltava per vivere qualche minuto di allegria, di assoluta spensieratezza.

In un mondo del calcio sempre più grigio, imbruttito dalle rigide imposizioni della tattica, schiacciato dal peso del famigerato “quarto potere” e, soprattutto, enormemente condizionato dall’impellente necessità di sponsor e denaro, anche a noi appassionati serve, dunque, qualche calciatore che ci aiuti a superare le tenebre, a vedere il lato positivo ed entusiasmante del gioco che noi amiamo.

Ecco che, allora, ogni domenica, a mezzanotte passata, uscirà qui su CalcioSport.com questa nuova rubrica, intitolata proprio come la canzone degli ABBA, la quale avrà come scopo quello di mettere ulteriormente in luce un particolare calciatore che si è distinto durante il weekend di Serie A.

Fatte le dovute premesse, dunque, è necessariamente arrivato il momento di presentare la guida che ci condurrà oltre il buio che annega il calcio, che lo rende sempre meno appetibile e divertente.

Un piccolo diamante

La Catalogna, da quando è diventata ufficialmente una regione dell’attuale stato spagnolo, al pari di molte altre zone della Spagna, non ha mai provato grande piacere nel sentirsi privata della propria identità, sottomessa per importanza a quella dell’intera nazione iberica.

Come avrebbe detto il presidente americano Wilson, “l’autodeterminazione dei popoli è un diritto inalienabile, impossibile da negare”: bellissimo assunto, ma di difficile realizzazione.

I catalani lo sanno benissimo, se è vero che, nelle recenti proteste scoppiate nel 2017, hanno lottato tantissimo per ottenere l’insperata indipendenza, ma, alla fine, tutti gli sforzi sono risultati vani, con la regione di Barcellona che è rimasta soggiogata al potere centrale di Madrid.

Il grande e solido burocrate che schiaccia il più piccolo ed estroso rivoluzionario: un immagine che raffigura perfettamente il rapporto fra le due città spagnole, non solo a livello politico.

Fin dalla loro nascita, infatti, il Real Madrid e il Barcellona si sono proposte al grande pubblico seguendo perfettamente questo stereotipo, con i blancos quasi sempre più ricchi e potenti e i blaugrana più estrosi e divertenti, ma assai meno vincenti.

Da popolo fiero quale sono, però, i catalani non hanno mai rinnegato la loro identità calcistica e, di conseguenza, alla Masia si è continuato a produrre calciatori non necessariamente forti fisicamente, nonostante questa sia diventata la tendenza sempre più popolare.

Deve saperne qualcosa Adrian Bernabé, che al Barcellona ci è arrivato nel 2014, a tredici anni, dopoché, con la maglia dell’Espanyol, aveva già lasciato intravedere delle ottime qualità, le quali, agli occhi dei bravissimi talent scout blaugrana, risultarono di gran lunga più importanti rispetto al fisico minuto.

A scuola da Pep

“Capitano, mio capitano” dicevano in coro gli alunni del celebre professor John Keating, interpretato dal compianto Robin Williams, nell’iconico film “L’attimo fuggente”, quello che, per intenderci, ha reso famosa l’espressione latina di Orazio “carpe diem”.

Gli studenti dell’estroso docente, in procinto di lasciare la scuola dopo un’increscioso e tragico incidente, pronunciarono questa frase per ribadirgli la propria fedeltà morale ed ideologica, nonostante tutto quello che era successo in precedenza.

Deve aver pensato più o meno la stessa cosa anche Adrian Bernabé, quando, dopo quattro anni di Barcellona, scelse di seguire l’allenatore che più lo aveva entusiasmato alla guida dei blaugrana, che aveva reso, con grande fantasia ed inventività, la squadra più forte e rivoluzionaria del mondo.

Lo seguì in una terra che, per un calciatore estroso e dalle geometrie fantasiose come quelle di Gaudì, rappresentava un territorio abbastanza arido in cui esprimere al meglio la propria romantica poesia.

Non a caso, anche per la giovane età, il piccolo catalano trovò pochissimo spazio nel City del suo maestro Pep, il quale, nonostante il poco spazio concessogli, gli diede, però, una nuova impostazione, affinando le caratteristiche tecniche e tattiche che già possedeva.

Un corso accelerato di “guardiolismo” che, aldilà dei pochi minuti disputati, non poté che rappresentare un’esperienza utilissima per il ragazzo, il quale, per sua stessa ammissione, deve molto all’allenatore iberico.

Dopo tre anni di panchina, o di tribuna, in Inghilterra, però, il desiderio di scendere in campo divenne troppo forte e, di conseguenza, il giovane spagnolo iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca di una città che potesse lasciarlo libero di dare sfogo al suo estro.

Con la creatività e l’immaginazione che lo contraddistinguono anche in campo, Bernabé scelse una delle città principali dell’antica “Via Emilia”, in quel momento frequentante la Serie B.

Una stellina fragile, ma abbagliante

Il Parma in cui Adrian arrivò nel 2021 era una squadra in piena ricostruzione, reduce dalla brutta annata precedente, conclusasi con il ritorno nella serie cadetta, arrivato a causa del deprimente ultimo posto conquistato nella stagione 2020-21.

La squadra di Maresca, esonerato poi a metà annata e sostituito da Iachini, era ancora in forte ricerca di identità e il giovane spagnolo era considerato uno dei giocatori in grado di fornirgliela.

Il piccolo gioiello di Barcellona, però, si fermò subito: un intervento al cuore lo tenne fermo per tutta la prima parte dell’annata, privando i ducali di un calciatore che, a loro insaputa, avrebbe fatto le loro fortune negli anni successivi.

Non appena rientrò dall’operazione cardiaca, infatti, Bernabé iniziò ad incantare gli occhi dei tifosi parmensi, i quali, d’improvviso, videro illuminarsi la propria stagione, risultata fino a quel momento opaca, grigia e assai deludente.

Le giocate del minuscolo spagnolo, dotato di un baricentro basso e di una velocità invidiabile, infiammarono il pubblico del Tardini, che, dopo le prime due stagioni e mezzo, lo considerava già un sicuro perno del successivo decennio bianconero.

I sostenitori emiliani, però, non avevano ancora visto il meglio: nella stagione 2023-24, Adrian si scatenò definitivamente, risultando il mattatore assoluto del campionato di Serie B, dominato dall’eleganza e dalla maestria del suo gioco, indubitabilmente di un’altra categoria.

La luce, l’aura si direbbe oggi, che quel calciatore emanava era così stordente ed abbagliante che permetteva agli appassionati di non fermarsi a guardare alla sua fragilità fisica, risultata impattante in varie situazioni, ma, al contrario, di concentrarsi sulla sua fantasia e conseguente capacità di divertire.

Una gioia per gli occhi, un qualcosa che, probabilmente, è rimasto impressa dentro alla memoria dei tifosi più piccoli del Parma, accecati da quel nanerottolo così divertente da vedere.

Il primo urlo … di una lunga serie

Quello di sabato pomeriggio, arrivato dopo la prima rete in assoluto in Serie A, è stato il primo vero grido della sofferta stagione di Adrian, rientrato da poco dopo una serie di gravi infortuni muscolari, capaci di fargli saltare molte partite della stagione.

Dei mali fastidiosi, antipatici per lui, per il Parma e per noi appassionati di calcio, che, per qualche mese, siamo stati privati di uno dei giocatori più interessanti del nostro campionato, il quale, nella sua fase iniziale, ne era stato anch’esso abbagliato.

Pur non segnando, infatti, il piccolo catalano era il motore bello e lucidissimo dell’entusiasmante banda di Pecchia, la quale, nella primissima fase della stagione, sembrava indirizzata verso una salvezza tranquilla, al riparo dalla lotta salvezza.

Le tante assenze e qualche scelta tattica non lungimirante sono costate, invece, parecchi punti in classifica e la panchina del tecnico, sostituito dall’ex Inter Chivu, che, a differenza del collega, ha scelto di non schierare più il catalano come mediano, ma come mezzala, offrendogli più sbocchi per liberare la sua pericolosità offensiva.

Ecco, dunque, che, dopo tante partite in cui aveva acceso la manovra ducale dal basso, sabato pomeriggio Adrian ha trovato finalmente la via della rete, liberando tutta la rabbia e la frustrazione per una stagione che, per colpa del Fato, non è andata come avrebbe potuto.

Tuttavia, mancano ancora sette partite e la sensazione è che lo spagnolo sia sulla strada giusta per ritrovare la condizione ideale, utile a far divertire il pubblico di Parma e quello dell’intero campionato di Serie A: non possiamo che leccarci i baffi.

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