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Dov’è la Juventus? Le responsabilità di una dirigenza assente

Settimana da horror per la Juventus. Fuori ai sedicesimi di Champions League, e fuori ai quarti di finale di Coppa Italia. Tuttavia, la dirigenza bianconera, continua a rimanere in silenzio.

28 novembre 2022, più di due anni e mezzo fa, il CDA della Juventus rassegnava le proprie dimissioni. “Stiamo affrontando un momento delicato societariamente e la compattezza è venuta meno. Meglio lasciare tutti insieme dando la possibilità ad una nuova formazione di ribaltare quella partita”.

Queste le ultime parole dell’esperienza di Andrea Agnelli come presidente della Juventus. Da quel giorno, nel giro di un mese e mezzo è nato un nuovo Consiglio d’amministrazione.

Tutti uomini di fiducia di John Elkann, una sorta di “governo tecnico”, necessario per traghettare la Juventus fuori dalla tempesta.

Un nuovo gruppo dirigenziale dunque guidato dal presidente Gianluca Ferrero, e dall’Amministratore Delegato Maurizio Scanavino, a cui il sette luglio 2023 si è aggiunto Cristiano Giuntoli di fatto nelle vesti di direttore sportivo.

Oggi a distanza di più di due anni dall’insediamento della nuova dirigenza, non si possono non fare le prime valutazioni. Addossare tutte le colpe a Thiago Motta, esploso in conferenza stampa nel post-match contro l’Empoli sarebbe del tutto ingeneroso.

Nessuno infatti all’interno dei piani alti bianconeri si è assunto le proprie responsabilità, lasciando un allenatore, per giunta inesperto, solo sull’isola.

Lo stesso Cristiano Giuntoli, ieri è intervenuto ai microfoni di Sky, cercando di spegnere l’incendio causato dall’eliminazione in Coppa Italia. Ciò nonostante, la toppa è stata senza dubbio peggio del buco.

Nessuna ammissione di colpe, ma solo un’intervista in politichese, che non fa altro che alimentare la delusione dei tifosi bianconeri, e mettere in risalto, le responsabilità dell’attuale dirigenza della Vecchia Signora.

Dirigenza Juventus, manca una figura di campo

L’intervista di ieri del Managing Director Football della Juventus certifica l’assenza di una figura chiave. Le parole di Cristiano Giuntoli infatti risultano vuote. Parlare a mente fredda, in occasione di un’intervista organizzata a tavolino è certamente più facile di presentarsi ai microfoni a caldo, davanti un’intera sala stampa.

L’ex direttore sportivo del Napoli non poteva certamente sconfessare il nuovo progetto tecnico di cui è stato il maggior fautore. 16 giocatori sostituiti rispetto alla passata stagione, e un allenatore scelto personalmente.

Impossibile dunque rispondere in maniera realistica alle perplessità espresse circa la scelta del tecnico, circa gli investimenti di mercato, farlo, per Cristiano Giuntoli, sarebbe equivalso ad ammettere le proprie colpe.

A prendersi le colpe dunque è soltanto l’allenatore, che ieri è stato sostenuto solo in minima parte. Ciò testimonia la necessità di una figura che faccia da raccordo tra lo spogliatoio e la dirigenza, com’era ad esempio Pavel Nedved.

Il ceco aveva un ruolo cruciale in dirigenza, ma più di una volta è andato ai microfoni ad assumersi le proprie responsabilità. In questo modo dunque andava ad esprimere la propria vicinanza al gruppo squadra.

Un gruppo squadra che oggi invece manca di un leader, ed è costretto ad aggrapparsi al suo allenatore, che due giorni fa si è duramente scagliato contro i propri ragazzi.

Difficilissimo pensare di ripartire adesso, con un allenatore che a fine stagione, salvo clamorosi ribaltoni saluterà, e porterà la Juventus a ripartire per l’ennesima volta con un nuovo progetto tecnico.

Ieri infatti è arrivato il sostegno di Cristiano Giuntoli all’attuale allenatore, ma lo stesso Giuntoli, fino ad aprile dell’anno scorso continuava a confermare Massimiliano Allegri.

Lo stesso livornese, che in occasione della celebrazione della Coppa Italia ha allontanato proprio l’ex Napoli, invitandolo a stare lontano dal suo gruppo squadra.

Le bandiere, figure scomode ma così necessarie

Oggi in uno spogliatoio totalmente spaccato non c’è nessuno capace di mettere un freno alle discussioni. Non c’è chi sia in grado di ricucire un rapporto, evidentemente logorato.

Nessuno che conosca a pieno il contesto in cui è inserito, fatta eccezione per pochi singoli, come Mattia Perin. Il portiere, dopo la gara con l’Empoli ha difeso il gruppo squadra, prendendosi come tante volte fatto in passato le critiche.

Thiago Motta come ammesso da lui stesso in conferenza stampa non è riuscito a trasmettere ai giocatori l’importanza di partite come quella contro l’Empoli.

Alla Juventus, come ad altre squadre che stanno attraversando un simile periodo storico di flessione manca una figura che sia capace di trasmettere attaccamento alla maglia ad uno spogliatoio totalmente rinnovato.

Alla Juventus, in poche parole, manca Alessandro Del Piero. Più di una volta il numero 10 si è detto estremamente disponibile all’ingresso in dirigenza, disposto a dare una mano, qualsiasi sia la mansione a lui assegnata.

Tuttavia, ha anche sottolineato, di essere ben consapevole che figure come la sua sono estremamente scomode. Necessarie, ma scomode.

Alessandro Del Piero, però finirebbe probabilmente come Paolo Maldini al Milan, allontanato da un gruppo dirigenziale non in linea con l’ambizione dell’ex difensore.

Il tempo del governo tecnico della Juventus però sembra essere giunto al termine. Sono 5 anni che i bianconeri sono ben lontani dal competere per un titolo. Questo, a prescindere da chi sieda in panchina o da chi scenda in campo.

Andrea Agnelli 2 stagioni fa, dopo la sconfitta contro il Maccabi Haifa non esitò neanche un momento a presentarsi davanti ai microfoni. Oggi prima di parlare di allenatori, e di campo, è opportuno parlare di DNA, che dalle parti della Continassa sembra essersi totalmente perso.

In una situazione come questa non è questione di una persona sola, di un uomo, un giocatore, un dottore, un fisioterapista, un preparatore: in questo momento è una questione di gruppo.

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