In esclusiva per Calcio-sport.com, come dichiarato a Doppio Passo Podcast, Simone Perrotta in riferimento al Mondiale ha dichiarato “Nel 2006 eravamo i più in forma“
L’episodio quattro di DoppioPasso Podcast ha avuto come ospiti, Simone e Francesco Perrotta, entrambi calciatori.
Durante la puntata, Simone Perrotta è tornato a parlare del mondiale del 2006.
Perrotta e il Mondiale 2006: “Ci sentivamo gli appestati, ma sapevamo di non poter perdere”
A distanza di quasi vent’anni dalla magica notte di Berlino, Simone Perrotta ha raccontato al DoppioPasso podcast alcuni retroscena della sua esperienza con la Nazionale italiana al Mondiale 2006. L’ex centrocampista, parte integrante del gruppo guidato da Marcello Lippi, ha offerto uno spaccato autentico di quei giorni, tra avversari temibili, un cammino agevolato e una sensazione di invincibilità.
Una competizione con squadre stellari
“Le squadre erano talmente forti… Noi non eravamo la squadra più forte sulla carta, la Francia, il Brasile davanti aveva davanti Ronaldo, Ronaldinho, Adriano e Kakà. Poi aveva Lucio e Juan difensori centrali e Cafù a destra e Roberto Carlos a sinistra, poi aveva Gilberto Silva e Zé Roberto in mezzo… Quindi tu dici, impressionante!”
Le parole di Perrotta fotografano perfettamente il livello della competizione in Germania. Il Brasile si presentava con una formazione da sogno, e la stessa Francia – poi finalista – poteva contare su una generazione d’oro. Eppure, l’Italia, nonostante non fosse considerata la più “attrezzata”, riuscì a imporsi con un mix di solidità difensiva, organizzazione e una condizione fisica straordinaria.
Un cammino agevolato?
“Non eravamo la nazionale più attrezzata ma forse la squadra più in forma, avevi la sensazione di non prendere mai gol, poi siamo stati agevolati dal calendario. La terza contro la Repubblica Ceca sapevamo già che avremmo incontrato l’Australia agli ottavi e l’Ucraina ai quarti. Quindi dicevamo ‘se non arriviamo in semifinale siamo dei cog****i’.“
La consapevolezza della propria forza, unita a un tabellone tutto sommato favorevole, spinse gli Azzurri a crederci sempre di più. Dopo aver superato un girone con Ghana, USA e Repubblica Ceca, il percorso fino alle semifinali passò per due sfide sulla carta abbordabili, anche se l’Australia si rivelò più ostica del previsto.
L’Australia, l’ostacolo più duro
“Anche se l’Australia è poi stata la partita più complicata, la sensazione dal campo era che non avresti mai subito gol, dopo il rigore di Zidane in finale io avevo la sensazione di non perdere quella partita, è difficile da spiegare.”
Quella contro i Socceroos fu una gara sofferta, decisa solo nel finale dal rigore di Francesco Totti al 95’. Una partita tesa, giocata in inferiorità numerica per quasi tutto il secondo tempo dopo l’espulsione di Materazzi. Eppure, Perrotta sottolinea un elemento chiave: la difesa era impenetrabile. Un tratto distintivo della squadra di Lippi, che subì appena due gol in tutto il torneo, entrambi su situazioni sfortunate (autogol di Zaccardo e rigore di Zidane in finale).
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Il gruppo compatto contro tutto e tutti
“Siamo arrivati in uno stato fisico e mentale pazzesco, ‘calciopoli’ ha compattato ancora di più il gruppo, in Germania non c’era un tifoso ad accoglierci, ci sentivamo quelli malati di lebbra, eravamo gli appestati che dovevano stare lontani.“
Lo scandalo di Calciopoli, esploso proprio alla vigilia del torneo, minacciava di travolgere tutto il movimento calcistico italiano. Ma invece di distruggere la squadra, l’ha resa ancora più unita. Isolati da tifosi e stampa, gli Azzurri trovarono in sé stessi la forza per scrivere la storia. Una vittoria nata non solo dal talento, ma da un gruppo coeso e resiliente.
La notte di Berlino, con la coppa sollevata al cielo, è stata la risposta perfetta a chi li dava per sfavoriti.
Un trionfo che ha scritto la storia
Il 9 luglio 2006 non è stata solo la notte di un trionfo sportivo, ma il compimento di un viaggio straordinario, fatto di sacrificio, unità e resilienza. L’Italia, partita tra mille dubbi e con il peso dello scandalo Calciopoli sulle spalle, ha trasformato ogni difficoltà in forza, ogni critica in energia. Non era la squadra più forte sulla carta, ma era la più affamata, la più compatta, quella con il cuore più grande.
Le parole di Simone Perrotta ci riportano dentro quelle emozioni, dentro il senso di ingiustizia e isolamento che, anziché abbattere il gruppo, lo ha reso ancora più determinato. Non c’erano tifosi ad accoglierli in Germania, non c’era il clamore delle grandi favorite, ma c’era una squadra consapevole di essere in missione. E quella missione l’ha portata avanti con un senso di appartenenza unico, con la certezza incrollabile di non poter perdere, con l’orgoglio di chi sapeva di rappresentare un intero Paese.
Ogni sfida affrontata, ogni ostacolo superato, ogni battaglia vinta ha costruito un percorso epico, culminato nella notte di Berlino, con la Coppa del Mondo sollevata al cielo. Il rigore di Grosso, le lacrime di gioia, l’urlo liberatorio di milioni di italiani: tutto questo non è stato solo un momento di gloria, ma la dimostrazione che il calcio, nelle sue pagine più belle, è molto più di uno sport. È passione, sofferenza, rivalsa. È la capacità di smentire i pronostici, di superare i propri limiti, di scrivere la storia con il sacrificio e con il cuore.
Oggi, a quasi vent’anni di distanza, quel Mondiale resta un ricordo indelebile. Non solo per chi l’ha vissuto in campo, ma per chiunque abbia esultato, sofferto, sperato. Perché il calcio sa regalare emozioni uniche, e quell’Italia – l’Italia degli “appestati”, degli uomini soli contro tutti – ha dimostrato al mondo intero che, quando si ha la forza di crederci, nessun traguardo è impossibile.
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Foto Copertina: Instagram @simoneperrotta20
OwnideaStudio ha messo a disposizione gli spazi in cui è stato girato l’episodio.